Ecco perché la digestione e l’assimilazione sono la base di una buona salute

Secondo la famosa Enciclopedia Treccani, si definisce “digestione” l’insieme dei processi meccanici e chimici (masticazione e insalivazione, imbibizione di succo gastrico e pancreatico, trasformazioni idrolitiche ed eliminazione, con le feci, dei residui non digeriti) che avvengono nell’apparato digerente per rendere gli alimenti utilizzabili ai fini della nutrizione.
Perché il nostro organismo possa assorbire i nutrienti necessari alle funzioni vitali, è essenziale quindi che ogni passaggio venga pienamente rispettato. Mangiare troppo o troppo velocemente, assumere regolarmente antiacidi, seguire una dieta scorretta o sbilanciata o vivere situazioni di stress eccessivo sono tutti fattori che, individualmente o in sinergia, possono alterare il corretto apporto dei nutrienti.
Quando la cattiva digestione è rara o episodica non comporterà naturalmente disturbi seri. Tuttavia, la costante difficoltà a digerire riduce la nostra capacità di apportare struttura ed energia all’organismo. Si pensi per esempio agli aminoacidi essenziali che, assorbiti a livello intestinale, non hanno infatti soltanto una funzione plastica, ma anche quella di mantenere in buone condizioni la capacità di comunicazione tra le varie cellule, poiché neurotrasmettitori, ormoni, citochine e cellule immunitarie sono spesso composti da aminoacidi.
In termini sintomatici, una cattiva digestione ci farà sentire stanchi e deboli, ridurrà la nostra forza muscolare e la capacità di concentrazione, inoltre renderà il nostro sistema immunitario meno efficiente.
Quando la cattiva digestione è frequente: la dispepsia funzionale
Si chiama “dispepsia” o “dispepsia funzionale”, ed è la cattiva digestione (frequente o addirittura cronicizzata) non riconducibile a lesioni organiche dell’apparato intestinale, ossia non legata a nessuna patologia seria. Tipicamente, la dispepsia è infatti dovuta a un’alterazione della normale funzionalità digestiva e si manifesta con sintomi che emergono circa un’ora o due dopo il pasto.
Secondo quanto riportato nella ricerca “Evaluation of the Safety and Efficacy of a Multienzyme Complex in Patients with Functional Dyspepsia: A Randomized, Double-Blind, Placebo-Controlled Study”, pubblicata nel 2018 sul Journal of Medicinal Food, la dispepsia “non è un singolo sintomo ma una costellazione di sintomi, come gonfiore, sazietà precoce, pienezza postprandiale, nausea, bruciore di stomaco, rigurgito ed eruttazione”.
Tale condizione, talvolta riferita anche con il termine “dispepsia non ulcerosa”, tende a colpire i giovani adulti, con una prevalenza nel genere femminile.
Lo studio indica come la dispepsia funzionale rappresenti uno dei principali disturbi gastrointestinali e impatti negativamente sulla qualità della vita del paziente.
La grande varietà e variabilità dei sintomi, nonché le diverse definizioni di dispepsia, possono creare particolari difficoltà nella classificazione di questo disturbo come entità patologicamente definita. Ecco perché, alla base di una corretta gestione della dispepsia, dovrebbe esservi prima di tutto un’adeguata educazione del paziente sulle possibili cause della condizione e sui fattori di rischio ad essa associati.
Naturalmente, uno stile di vita sano e un’alimentazione bilanciata e adeguata contribuiranno a ridurre in modo significativo il rischio di soffrire di cattiva digestione. Tra le buone abitudini da considerare vanno annoverate l’assunzione limitata di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), di caffè, di cibi ricchi di grassi, di alcol e l’abolizione completa del fumo.
Per quanto riguarda la gestione terapeutica della dispepsia funzionale, lo studio pubblicato sul Journal of Medicinal Food menziona: “antiacidi, procinetici, H2 antagonisti dei recettori, inibitori della pompa protonica, eradicazione dell’Helicobacter pylori e ansiolitici”, tutti raccomandati secondo consuetudini.
Tuttavia, la maggior parte di questi approcci terapeutici determina benefici soltanto marginali, e la ricerca evidenzia come il sollievo sintomatico abbia interessato un numero contenuto di pazienti, con “tassi di risposta incoerenti, con efficacia limitata e problemi di sicurezza.”
Come risolvere, dunque?
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